un film di Giovanni Cioni – marzo 2017 – immagine e montaggio Giovanni Cioni – prodotto nell’ambito del Laboratorio Oltreconfine con il sostegno della Film Commission Vallée d’Aosta
In anteprima a Cinéma du Réel, Paris, marzo 2017 .
Una prima versione del montaggio in corso è stata presentata ad Aosta, FrontDoc, 11 novembre 2016
En avant-première à CINEMA DU REEL, Paris, mars 2017
Il Viaggio a Montevideo nasce dai sopralluoghi effettuati nelle valli della Val d’Aosta durante il laboratorio Oltreconfine. Il titolo è quello di una poesia di Dino Campana che avevo scoperto adolescente, in un’antologia scolastica. Una di quelle rivelazioni che ti accompagnano nella vita, spesso anche senza saperlo.
Non è un film sul poeta. Sono frammenti di partenze e di ritorni, frammenti o variazioni nel senso musicale. Degli strati di tempi e di valli. Un viaggio. L’eco di un viaggio. Di una ricerca del mondo
Un film in cinque movimenti
#1 sogno di prigione (Aosta, lungo la ferrovia)
#2 la partenza o il ritorno
#3 ogni valle è un ritorno in una vita che avrei vissuto
#4 verso il paradiso
#5 la Pampa
VIAGGIO A MONTEVIDEO#1 from GIOVANNI CIONI on Vimeo.
SILVANA SILVESTRI su IL MANIFESTO: “Il suo Viaggio a Montevideo parte dalla Val d’Aosta: da questi altopiani e alpeggi Cioni costruisce un congegno visivo a cui non si sfugge, incantato dalle voci dei Canti Orfici di Dino Campana, accompagnato da metalliche sonorità o da sapienti intrecci musicali che sembrano provenire dall’eco di luoghi lontani. E invece è sempre quello l’orizzonte che ti circonda, l’altrove è qui, ci ripete l’immagine a ogni scena (…) Dell’inquieto mare notturno c’è solo la continua evocazione e come solo il cinema alto sa fare, se ne indovina la presenza al di là dei picchi montuosi. Ma non c’è il tempo di immaginare dune, si passa ad altro con un ritmo sotterraneo inquieto e segreto(…)https://ilmanifesto.it/frammenti-di-cinema-in-dissonanza/
ALDO SPINIELLO su SENTIERI SELVAGGI : “(…) Viaggio a Montevideo è uno straordinario film di fantasmi, di incontri passati e trattenuti a stento nella memoria, di fotografie che scolorano e sgranano, di racconti all’imperfetto, imperfetti (…) Il fantasma è nell’occhio di chi guarda, lo abbiamo detto. E Cioni qui lo svela con una nettezza disarmante. Il vero fantasma è lui, è il regista, è il suo essere lì ma non essere nell’immagine, in quella traccia che resta. E, dunque, i fantasmi siamo noi che guardiamo (…)http://www.sentieriselvaggi.it/pesaroff53-viaggio-a-montevideo-di-giovanni-cioni/
(FR) Le titre est celui d’un poème de Dino Campana. extrait des Canti Orfici, parus en 1914.
Ce n’est pas un film sur le poète. Ce sont des fragments de départs et de retours. Des strates de temps et de vallées. Un voyage.
Un film-laboratoire, Cinq mouvements, comme des variations au sens musical.
#1 reve de prison(Aosta, le long du chemin de fer)
#2 le départ ou le retour
#3 chaque vallée est un retour en une vie que j’aurais vécu
#4 vers le paradis
#5 la Pampa
Le film nait de repérages dans les vallées de la Val d’Aosta au cours d’un laboratoire cinématographique que j’ai commencé en 2015.
L’inspiration était la matiére “cinématographiques” des Canti Orfici de Dino Campana, les strates de temps qui se superposent avec la matiére musicale des éléments, l’eau, la terre, la pierre, le feu en résonnace avec ses visions de fuites et d’errances (jusqu’à la Pampa argentine ou un hopital psychiatrique en Belgique). Une fuite du monde, une recherche du monde, d’un lieu où il aurait vécu. Dino Campana a écrit dans les monts où il revenait Ce sont les monts où je suis venu (retourné?) vivre depuis quelques années.
Il ne s’agissait pas de faire un travail sur les Canti Orfici ((d’ailleurs, le film est tournés dans d’autres montagnes, les Alpes), mais de s’en isnspirer, comme matière cinématographique d’approche des lieux, le temps, les départs, les retours. La vie .
Au départ, le film ce sont des photos que je prenais au cours des repérages. Puis l’idée de travailler sur des strates de temps – le temps immobile des photos et le flux du temps cinématographique. J’ai pensé en termes musicaux quelquechose qui rendait compte d’une expérience. Travailler sur l’écho de ces images. Sur la rumeur du monde dans ces images. Comme un journal de bord qui devienne un suite de préludes et fugues de réminiscences – de lieux où je n’ai pas vécu mais avec l’idée que j’y aurais vécu.
Dans ces variations il y a “l’ombre de l’homme”, le terme Kanaque pour désigner le cinéma, il y a un hotel abandonné au fonds d’une vallée comme dans un film d’horreur, il y a la nouvelle de la mort d’un ami, mon pére à l’hopital, les jours après la naissance de mon fils, les ombres de ceux qui fuyent la guerre, la solitude des bergers du Rif dans les paturages des Alpes, un revenant dans un cimetière, une voix dans un village abandonné, le regard tendre et curieux des vaches, la vallée des aveugles de HG Wells où les ciel est le plafond d’une caverne…. Dans tous les films il y a les films qu’on a vécus, les films qu’on veut faire, toutes les images sont hantées par un fantome, l’ombre de l’homme justement…
Ce qui me fascinait dans le poème de Campana était que peut-etre il n’avait jamais été à Montevideo ou dans la Pampa mais qu’il est là seul, debout, dans le train en course sous les étoires de la Pampa. Chaque vallée est un lieu au bout du monde, hors du monde et au centre du monde. Dans chaque vallée qu’on parcours c’est comme si on y revenait d’une autre vie. Et qu’on y aurait vécu. On l’aurait imaginée. Dèjà vue et jamais.
un film de Giovanni Cioni, montage en cours, mars 2017 – image, son et montage Giovanni Cioni, produit dans le cadre du Laboratorio Oltreconfine avec le soutien de la Film Commission Vallée d’Aosta
L’ispirazione era la materia “cinematografica” dei Canti Orfici di Dino Campana, gli strati di tempo che si sovrappongono alla materia musicale degli elementi, l’acqua, la terra, la pietra, il fuoco, in risonanza con le sue visioni di fughe e di erranze (fino alla Pampa argentina o in un ospedale psichiatrico in Belgio).
Una fuga dal mondo, una ricerca del mondo, di un luogo dove avrebbe vissuto. Dino Campana ha scritto nei monti dove tornava. Sono i monti dove sono venuto (tornato?) a vivere qualche anno fa.
Non si trattava di fare un lavoro sui Canti Orfici (d’altronde il film è girato in altre montagne, le Alpi) ma di ispirarsene, come materia cinematografica di approccio ai luoghi, al tempo, alle partenze, ai ritorni. La vita.
Al’inizio il film sono delle foto che prendevo durante sopralluoghi. Delle foto come per capire che stavo li, senza sapere se cercavo qualcosa. Poi l’idea di lavorare su strati di tempo – il tempo immobile dell’immagine fotografica e il flusso del tempo cinematografico: Ho pensato in termini musicali una forma che rendesse conto di un’esperienza. Lavorare sull’eco dele immagini. Sul rumore lontano del mondo. Come un giornale di bordo che diventi una serie di preludi e fughe di reminiscenze – di luoghi dove non ho vissuto ma con l’idea che ci avrei vissuto.
In queste variazioni c’è “l’ombra dell’uomo”, la designazione del cinema in lingiua canaca (della Nuova Caledonia), c’è un albergo abbandonato in fondo ad una valle come in un film d’orrore o di spavento, c’è la notizia della morte di un amico, mio padre in ospedale, i giorni dopo la nascita di mio figlio, le ombre di coloro che fuggono la guerra, la solitudine dei pastori del Rif negli alpeggi delle Alpi, qualcuno che torna, in un cimitero, come un fantasma, una voce in un villaggio abbandonato, lo sguardo tenero e curioso delle mucche, la valle dei ciechi di H.G.Wells dove il cielo è il soffitto di una caverna… In tutti i film ci sono i film che abbiamo visuto, i film che vogliamo fare, tutte le immagini sono abitate da un fantasma, l’ombra dell’uomo appunto…
Quel che mi affascinava nella poesia di Campana, quando la scopersi adolescente, era cge forse non era mai stato a Montevideo o nella Pampa e poco importa – ma che è lì, in piedi, nel treno in corsa sotto le stelle della Pampa. Ogni valle è un luogo ai confino del mondo, lontano dal mondo e al centro del mondo. Ogni valle che si percorre è come se ci si tornasse da un’altra vita. E che ci si avesse vissuto. L’avremmo immaginata. Già vista e mai vista.