Laboratorio di cinema del reale iniziato fine febbraio 2015, realizzato in collaborazione con la Film Commission Val d’Aosta. Un laboratorio dove esplorare l’idea di confini attraverso la scrittura e realizzazione di una serie di film corti, film essai, prove di cinema, cinema del reale o appunto “cinema oltre confine”. Lavori realizzati come proposte e declinazioni libere dell’idea di confine. Lavori nutriti da riflessioni, scambi di idee, sopralluoghi.
Uno spunto narrativo di partenza, per questo viaggio, sono i Canti Orfici di Dino Campana. Più che uno spunto narrativo, un materiale poetico, una mappa di ispirazione.
Il confine è una questione di sguardo, sugli altri su se stessi. Sul luogo del mondo in cui viviamo e ci troviamo. In quale luogo del mondo siamo? Ogni luogo del mondo è il mondo. Un microcosmo senza fine. Ogni luogo è il centro del mondo ed è fuori dal mondo. C’è il mondo fuori dalla valle – dunque la valle è fuori dal mondo. C’è il mondo della valle.
Un viso è un confine. Come il viso, l’immagine stessa è un confine: noi che guardiamo siamo da questa parte dell’immagine, e dall’altra parte dell’immagine c’è un mondo invisibile, che possiamo immaginare, forse. Dall’altra parte ci giungono parole, silenzi.
La presentazione che facciamo ad Aosta a Front Doc (11 novembre 2016) – non per niente ad un festival di cinema di frontiera – è come una tappa del laboratorio. Una tappa conclusiva. Ma non una tappa finale, piuttosto un cantiere aperto, l’inizio di altri viaggi. Molti dei lavori che presentiamo sono dei film in corso, degli appunti di film nati dal laboratorio e che si svilupperanno. Gli autori dei film realizzati nel laboratorio:Luca Bich, Gloria Aura Bortolini, Elvio Cara, Enrico Casagrande, Anna Lisa Gonnella, Giuseppe La Rosa, Daniele Mantione, Gian Luca Rossi
Tra questi film in cantiere c’è Il Viaggio a Montevideo che è nato dai sopralluoghi effettuati durante il laboratorio. Il titolo è quello di una poesia di Dino Campana che avevo scoperto adolescente, in un’antologia scolastica. Una di quelle rivelazioni che ti accompagnano nella vita, spesso anche senza saperlo. Non è un viaggio, è l’eco di un viaggio. Di una ricerca del mondo.
MEMO 3 MARZO 2015 – DOPO IL PRIMO INCONTRO
Queste sono come delle note di un giornale di bordo sul viaggio che stiamo intraprendendo. Per me si tratta di un viaggio vero, nel senso in cui non sappiamo cosa incontreremo e magari scopriremo.
Per questo dico e ripeto che non dobbiamo fissarci sulla forma finale del lavoro che produrremo, né tantomeno sulla sua durata. Non dobbiamo limitarci a questo. Il laboratorio è innanzitutto un’occasione di ricerca, di approfondimento, di sperimentazione e di scambio, per tutti, me incluso (e magari soprattutto per me). Faremo una presentazione del lavoro, ma questa presentazione, più che una conclusione, potrà essere l’inizio di progetti che nascono e si sviluppano grazie all’impulso del laboratorio. Io intravedo il lavoro che presenteremo come una polifonia di frammenti. Alcuni brevi, magari solo delle suggestioni nate da un’immagine o da una situazione, da un viso… Altri più approfonditi. Ognuno di questi frammenti potrà essere realizzato da uno o da più partecipanti, altri collettivamente, l’importante è che nascano dallo scambio di idee e dal confronto all’interno del laboratorio. Per questo parlo di polifonia di storie e di voci. Come polifonici sono i Canti Orfici.
Dopo questa premessa, vengo al tentativo di mappatura delle prime proposte. Non redigo un verbale, rielaboro con idee che vengono scrivendo e cercando di evidenziare connessioni e suggestioni.
I CORVI DELLA STAZIONE. In ogni luogo ci possono essere tutti i luoghi del mondo. In particolare una stazione ferroviaria, luogo di partenza, luogo di arrivo, luogo di attesa, luogo che porta ad altri luoghi.
Una mattina all’alba arrivavo alla stazione di Aosta. Dietro, la massa della montagna, una luce sulla montagna. Questa montagna proietta la sua ombra sulla città. Accanto alla stazione la stazione dei bus. Pendolari, studenti… Tra la stazione e la montagna intravedo qualcosa che mi sembrano stabilimenti all’abbandono (poi vengo a sapere che sono gli stabilimenti della Cogne, e da lì parte tutta una storia, mi sembra…). Due pensionati all’ingresso della stazione conversano sulla vita dei corvi. Di fronte a loro, su uno dei cedri del libano dei giardini, un ventina di corvidi li osservano (e questo potrebbe anche essere l’inizio di un film già visto…)
Descrivo questa scena perché nella sua decomposizione, nei suoi dettagli, stanno i punti di partenza di innumerevoli racconti – la valle che è un luogo dove si arriva, si torna, o da dove si parte – fuorivalle, e già l’uso di questo termine racconta l’isolamento di una valle in cui si torna e da cui si riparte; la fabbrica, dunque la storia dell’immigrazione, dunque la questione di appartenere o meno al luogo in cui si vive e si è nati; la realtà urbana e i monti che sovrastano, sempre presenti, a chiudere l’orizzonte (cosa c’è oltre? La pampa dei Canti orfici…? e poi non si vede mai un tramonto in valle), sempre presenti come dei testimoni della Storia del fondovalle; poi, nello stesso tempo, dal fondovalle si indovinano tracce di vita sui monti, lassù, dietro quei crinali vivono persone, da sempre o che hanno deciso di viverci ; ogni crinale porta ad un altra valle, un altro mondo, e così via…
Dunque questo luogo potrebbe essere un punto di collegamento tra i vari frammenti che faremo.
MARCO POLO Una parte dei partecipanti non è della Valle d’Aosta, e questo ha fatto nascere una serie di racconti – attorno ad una mappa della valle.
Racconti dove appare che i confini non sono quelli che si credono. Per esempio, nei secoli passati gli alpeggi erano luoghi di passaggio da un versante all’altro delle Alpi (i Walser) e un confine sembrava invece dividere questi luoghi di alta montagna dal fondovalle. Così come quelli di Cogne andavano più facilmente verso il Piemonte che verso Aosta. La montagna era confine nel senso di luogo di passaggio (le transumanze). Questi e altri racconti. Per quelli che vengono da fuori è come ascoltare Marco Polo che racconta di paesi e storie che si possono solo immaginare – prima di andare alla loro ricerca. Alcuni magari inaccessibili, come le miniere Colonna a Cogne…
IL ROVESCIO DELLA VALLE Un altro confine separa i due versanti della valle, e il senso delle parole è interessante: c’è la parte giusta, esposta al sole (l’endroit in francese, non so in patois ma mi pare questo sia il senso) e l’envers – il rovescio, quelli che vivono “al rovescio”. Il confine diventa uno specchio di luce e ombra.