(Appunti per un progetto, 2016)
Un film “documentario di fantascienza”. La fantascienza è una forma che voglio dare per lavorare, in realtà, su miei materiali d’archivio (sceneggiature, diari e riprese, in super8 e in mindv), che si svolgono sull’arco di 20 anni.
In un certo senso c’è la consapevolezza che tutti i temi che puoi trattare, anche nella loro attualità immediata (il nichilismo suicidario di fronte ad un reale che si mostra come ineluttable, lo stato di guerra permanente, tutti i temi li puoi sviluppare attraverso i tentativi di progetti, le idee sparse, accantonate.
Li puoi trattare tanto meglio che nella loro sedimentazione c’è il vissuto, la decantazione della “rumeur du monde” – c’è il “genio” (nel senso di qualcosa che va oltre la regola del pensiero programmato) del tempo che passa e del suo imprevisto. Un giorno mi sono detto che c’era un filo tra eventi sparsi, appunti di progetti e la vita.
Tutto nasce dal fatto che ho ripensato ad una sceneggiatura che scrissi a Bruxelles. Non sono andato avanti perchè nel frattempo ho fatto Nous/Autres, sono venuto in Italia, ho fatto In Purgatorio… Il progetto mi è tornato in mente come se ci leggessi una qualche prefigurazione, appunto del presente.
Il progetto (una finzione) si chiamava EXAGEREMENT MATIN BLEUe raccontava una storia labirintica sul tema dell’altro.Si svolge all’epoca di una guerra, da qualche parte nel deserto (l’ho scritto negli anni novanta) di cui si vedono immagini fantomatiche in televisione.C’è un profugo guineano alla ricerca del fratello scomparso. Qualcuno che ho veramente incontrato, che raccontava visioni della fine del mondo e la finzione l’ho costruita partendo da quest’incontro.
Tra gli altri elementi di quest’enigma che è IL PRESENTE c’è uun lavoro incompiuto (non per causa mia) che feci a Parigi durante la lavorazione di un TITUS ANDRONICUS di Shakespeae. Il materiale porta il titolo di TETES COUPÉES (TEMPS DE GUERRE). Si svolgevano, le prove, durante la seconda guerra in Irak. Tra gli attori un esiliato iracheno.
Il terzo elemento è il film che mio figlio voleva che facessi con lui, abbiamo cominciato le prove per IL RAGAZZO SELVAGGIO (la solita storia del bambin cresciuto coi lupi…. lui si chiama Otxoa, Lupo in basco, tutto torna!) Lui aveva dodici anni, ora ne ha quindici ed è un attivista dei collettivi studenteschi a Firenze. Il progetto con lui si era trasformato in una riflessione sul fatto di essere padre (e c’entrava di mezzo anche Gengis Khan) – il padre che guarda il figlio che in uno dei suoi immaginari videogiochi deve salvare il mondo.
Tutto questo materiale sembra più un cantiere, certo, ma nel suo dipanarsi nel tempo ha un senso e per me può andare lontano.